di Davide Ciliberti
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Diciamolo. Da alcuni anni la Fashion Week non è più la regina di Milano, bensì già da tempo, anche se per molti è difficile ammetterlo, ha abdicato in favore della Design Week.
Quest’anno tra Salone e Fuorisalone sono attese a Milano quasi 400.000 persone, gran parte delle quali provenienti dal resto del mondo, che animeranno la città giorno e notte. Potendo aggirarsi tra eventi, showroom, presentazioni in luoghi insoliti, installazioni grandi e piccole in centro o nelle periferie. Ma soprattutto potendo accedere, fruire, toccare, fotografare, interagire con designer e altri operatori.
Ed è proprio questo il punto. Il design a differenza della moda non si è arroccato in elitari fortini o esclusivi privé per pochi eletti ‘in lista’, ma è una grande festa a cui tutti sono i benvenuti e dove tutti possono essere protagonisti. Modalità che ne ha sancito il continuo e crescente successo, al punto da diventare il principale evento del capoluogo meneghino. Tanto che anche griffe e stilisti della moda ora vi si mettono in scia.
Certo il rischio, con questo affannarsi ad esserci da parte di tutti, è che – come peraltro sta accadendo – il design si annacqui nella Babele scomposta ed così eterogenea di aziende, brand e altri attori che a tutti i costi e a tutti i modi, ‘vogliono esserci’, poco importa se producono prosciutti, costumi da bagno o pannelli solari, trasformandosi in un indistinto caravanserraglio.
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